All’evento “AI – Amplify Ideas” ospitato da Porsche Bergamo, Damiano Airoldi (MMN) ha riportato l’attenzione sulle fondamenta della trasformazione digitale: infrastrutture affidabili, processi ordinati, qualità del dato e un mindset capace di leggere il cambiamento come opportunità. Un approccio pragmatico che guida le PMI verso un’adozione dell’AI consapevole, sostenibile e immediatamente applicabile.
Nella parte conclusiva della serata di Pianura Network sull’intelligenza artificiale ospitata nello showroom Porsche di Bergamo, dopo una lunga sequenza di dimostrazioni, casi d’uso e applicazioni operative, è arrivata la voce che ha riportato la discussione a monte: quella di Damiano Airoldi, CEO di MMN. Il suo intervento non è stato un’ulteriore carrellata di strumenti o automazioni. È stato un cambio di prospettiva. Un invito rivolto direttamente agli imprenditori a leggere questa fase storica non solo come una rivoluzione tecnologica, ma come una precisa scelta strategica. Una scelta che non si può rimandare.
«L’AI è uno tsunami: se non lo cavalchi, ti travolge»

Airoldi parte da una dichiarazione forte: l’intelligenza artificiale non è una moda passeggera, ma uno tsunami. Un’onda che cresce ogni mese, che accelera e che può mettere in difficoltà chi resta immobile. Ma – specifica – è anche un’onda che può essere cavalcata con profitto, purché ci sia un atteggiamento imprenditoriale maturo, pragmatico, orientato alle opportunità. «Se non la cavalco, mi sommergerà.
Se la cavalco, diventa una possibilità reale per la mia azienda». Il cuore del messaggio è semplice: non si tratta di inseguire l’ultima tecnologia, né di farsi attrarre da strumenti miracolosi. Si tratta di consapevolezza. Capire che cosa sta succedendo, come sta cambiando il contesto competitivo e quale ruolo può giocare l’AI nella trasformazione dei processi.
Pensare in grande, agire nel piccolo: il metodo per non sbagliare

Il principio guida che Airoldi porta agli imprenditori è quello coniato da Sanjeev Sahoo, uno dei massimi esperti mondiali di AI: “Think big, but act small.” È una formula che Airoldi considera essenziale per attraversare questa fase senza errori: pensare in grande significa alzare lo sguardo, osservare quello che accade nel mondo, comprendere la portata dei cambiamenti e ragionare su come l’AI possa ridefinire prodotti, servizi e modelli organizzativi;
- agire nel piccolo significa iniziare da ambiti circoscritti, con perimetri chiari, dove è possibile sperimentare senza rischi e ottenere risultati in tempi rapidi.
Questo approccio, spiega Airoldi, ha un vantaggio immediato:
evita che le aziende si brucino la fiducia verso la tecnologia facendo un salto troppo grande, troppo costoso o troppo complesso.
Il primo mattone: sistemare le fondamenta digitali dell’azienda
Airoldi riporta l’attenzione su un tema spesso sottovalutato: le fondamenta tecnologiche. Nel linguaggio di un imprenditore, significa una cosa molto semplice: infrastruttura IT. L’AI non vive nel vuoto. Richiede:
- dispositivi aggiornati;
- server o cloud affidabili;
- sistemi gestionali coerenti;
- sicurezza dei dati;
- continuità operativa.
«La tecnologia è pronta. Quello che spesso manca è l’ordine dei processi e la qualità dei dati». Airoldi non parla da teorico: parla da imprenditore che vede quotidianamente aziende con sistemi non allineati, dati incoerenti, processi non standardizzati. In queste condizioni, perfino l’AI più avanzata può fare poco. Non è un caso che indichi la formula dell’as-a-service come la soluzione più intelligente: dispositivi, software e infrastrutture non più come beni da acquistare e ammortizzare, ma come servizi a canone, aggiornati nel tempo, scalabili e sostenibili anche per le PMI.

La conoscenza aziendale come vero capitale da mettere in sicurezza
Uno dei passaggi più convincenti dell’intervento riguarda un tema spesso ignorato quando si parla di AI:
la conoscenza aziendale. Airoldi la definisce il patrimonio più fragile e più prezioso: ciò che fino a ieri veniva trasmesso “a voce”, secondo la logica del passaggio di consegne informale, oggi rischia di andare perso sotto la pressione dei tempi, dei turn over, della complessità crescente. L’AI – sostiene – può diventare il motore per patrimonializzare questa conoscenza: rendere accessibili procedure, informazioni, regole, manuali e competenze attraverso strumenti conversazionali che permettono di recuperare ciò che serve, quando serve, nel modo più naturale possibile. È una delle applicazioni più facili da implementare e una delle più strategiche per proteggere la continuità aziendale.
La voce come nuovo canale di relazione tra persone e tecnologie
Nel suo intervento Airoldi presenta anche un tema innovativo, destinato a cambiare radicalmente l’esperienza d’uso dei sistemi digitali: la voce. Mostra uno strumento conversazionale basato su interazioni vocali, capace di dialogare in modo naturale con l’utente. Non un prompt, non un testo da scrivere, ma una conversazione vera, efficace, intuitiva. La voce – spiega – renderà l’AI più umana e aumenterà l’engagement, sia interno (colleghi, operatori), sia esterno (clienti). È un’innovazione già accessibile, con un impatto immediato sulla qualità delle interazioni.
Non è più una questione di costi, ma di mindset

Airoldi conclude con un messaggio chiaro e diretto: non esiste più una barriera economica all’ingresso dell’intelligenza artificiale. I big tech – Microsoft, Google, i provider dei principali gestionali – stanno già incorporando modelli generativi e agenti intelligenti nei loro strumenti.
L’AI non richiede investimenti impossibili: richiede orientamento, curiosità, volontà di iniziare. Chi resta fermo oggi rischia di perdere competitività nel giro di pochissimi anni. «L’opportunità non può essere persa.
Chi vuole un’impresa che stia nel futuro deve affrontare ora questo cambiamento».









