Nel suo intervento a Family.Biz, l’avvocato Davico mostra come uno statuto aggiornato sia la prima leva per garantire continuità e stabilità nelle imprese familiari. Prelazioni, clausole anti-stallo, diritti speciali e gestione degli ingressi diventano strumenti strategici per prevenire conflitti, proteggere l’equilibrio tra i rami e accompagnare il passaggio generazionale con regole chiare e condivise.
Nel percorso di Family.Biz, il roadshow di Pianura Network dedicato alla continuità delle imprese familiari, il momento più tecnico della tappa a Cremona è arrivato con l’intervento dell’avvocato Davide Davico, managing partner di Simon WealthLex del gruppo Ersel. Un intervento che ha scardinato un luogo comune diffuso: quando si parla di passaggio generazionale, si pensa subito a trust, holding e operazioni societarie complesse. Ma la soluzione più potente, più vicina, più trascurata è spesso già dentro l’azienda: lo statuto. Davico lo definisce “l’architrave della governance”. Un documento che molte famiglie non leggono da vent’anni, custodito in un faldone polveroso e aggiornato solo quando serve adeguarlo a una norma. Eppure è proprio lì che si gioca una parte decisiva del futuro dell’impresa.
Lo statuto: la prima cassetta degli attrezzi

L’avvocato entra subito nel cuore del tema: prima dei grandi strumenti di pianificazione, prima delle fondazioni e dei trust, c’è la struttura base della società. Ed è lì che si può lavorare molto per prevenire conflitti, evitare stalli e garantire continuità operativa. Un’azienda familiare cambia nel tempo: si allarga, si ramifica, si popola di nuovi ruoli e nuove sensibilità. Lo statuto, però, resta spesso fermo alla fotografia originaria, quella in cui i soci erano uno, due, o comunque pochi e perfettamente allineati. Quando arrivano figli, nuore, generi, differenti attitudini professionali e distanze geografiche, quella fotografia non basta più. Lo statuto deve evolvere come evolve la famiglia.
Prelazione tra rami familiari: l’equilibrio che evita fratture
Uno dei casi portati da Davico rende immediatamente chiaro il senso del problema:
due fratelli fondano un’azienda, lavorano insieme in armonia per decenni, uno più tecnico, uno più amministrativo. Tutto funziona. Poi arriva la generazione successiva. Sette soci, ruoli differenti, interessi diversi. Ecco il rischio: un pezzo della famiglia potrebbe voler uscire, magari cedendo la propria quota a un fondo, o a un terzo estraneo alla storia dell’impresa. A quel punto l’assetto originario si sgretola. Per evitarlo, lo statuto può introdurre la prelazione per stirpi: se un membro del ramo A vuole vendere, i primi a poter acquistare sono gli altri membri del ramo A; solo dopo, eventualmente, il ramo B. Una clausola semplice, tecnica, ma di grande impatto: mantiene la simmetria originaria, preserva l’identità dell’azienda, evita ingressi destabilizzanti.
Clausole di gradimento: porte da aprire (o da chiudere) con giudizio

Non ogni nuovo socio è un buon socio. Una società familiare può trovarsi a dover gestire ingressi non desiderati – coniugi, eredi indiretti, investitori minoritari – che rischiano di complicare le dinamiche interne. Per questo Davico richiama uno strumento spesso sottovalutato: la clausola di gradimento.
Non un muro invalicabile, ma una procedura formale che impone alla famiglia di valutare consapevolmente l’ingresso di un nuovo soggetto nella compagine. L’obiettivo non è bloccare: l’obiettivo è riflettere. E la riflessione, nelle aziende familiari, vale più di mille norme.
Clausole anti-stallo: quando l’assemblea non si muove più

Un altro rischio reale emerge quando la compagine si amplia: lo stallo decisionale. Due rami familiari con il 50% ciascuno, o una moltitudine di eredi con quote identiche, possono paralizzare l’azienda sulle delibere fondamentali: approvazione del bilancio, nomina degli amministratori, operazioni straordinarie. Davico mostra come lo statuto possa prevedere:
- meccanismi di superamento dello stallo
- opzioni di acquisto o vendita forzata tra rami
- fino a soluzioni più evolute come la scissione programmata, da attivare solo “in caso di emergenza”
Strumenti eleganti, che evitano l’unico scenario davvero distruttivo: un’impresa bloccata dalle sue stesse relazioni.
Drag e tag along: quando la vendita non deve rompere la famiglia
Un altro caso citato è emblematico: un figlio alla guida dell’azienda, l’altro impegnato in un altro settore. Il padre decide di dividere il patrimonio in modo equilibrato: azienda al primo, immobili al secondo. Finché, un giorno, l’erede operativo riceve un’offerta di acquisto. Che fare? Senza strumenti adeguati, quella scelta può aprire una frattura insanabile. Ecco che entrano in gioco le clausole di:

- drag along (il socio di maggioranza trascina gli altri nella vendita)
- tag along (il socio di minoranza ha diritto di vendere alle stesse condizioni)
Sono clausole che tutelano la famiglia prima ancora che il capitale: evitano gelosie, sospetti, domino emotivi. Lo statuto diventa così un patto di equità, non solo un documento tecnico.
Diritti non proporzionali: potere e capitale non devono coincidere
Le SRL – ricorda Davico – offrono una flessibilità sorprendente: un socio può detenere una quota piccola ma avere diritti rilevanti sulla governance, o viceversa. Questo permette di:
- dare più voce a chi guida realmente l’azienda
- limitare il potere decisionale di chi non è coinvolto nel business
- proteggere l’impresa dall’ingresso di soggetti poco allineati
- costruire un equilibrio tra ruoli e responsabilità che segue la logica industriale, non quella aritmetica
Un cambio culturale enorme: la governance non è più il riflesso dei numeri, ma della funzione.
Quando lo statuto diventa un alleato nella prevenzione dei conflitti
L’intervento dell’avvocato Davico ha un tono chiaro: la governance familiare e la governance societaria non possono più essere due mondi separati. Nelle imprese della Pianura – dove il cognome è ancora un elemento fondativo del modello di business – i due sistemi si intrecciano in modo profondo. E lo statuto è lo spazio in cui quell’intreccio prende forma. Non serve arrivare al conflitto per modificarlo. Non serve aspettare un evento traumatico. Non serve delegare la soluzione a strumenti complessi. Serve assumere l’idea che la continuità si costruisce, non si eredita. E che ogni famiglia imprenditoriale, prima o poi, dovrà rispondere a una domanda semplice e impegnativa: il nostro statuto rappresenta ancora l’azienda che siamo diventati? Family.Biz è nato per questo: per dare alle imprese della Pianura gli strumenti per porsi le domande giuste prima che le domande diventino problemi.









